Il maiorchino supera il sudafricano con un netto 6-3, 6-3, 6-4 e vince il suo terzo US Open. Per Nadal è il secondo slam stagionale dopo il Roland Garros, il 16esimo major di una carriera che lo porta di nuovo a -3 da Roger Federer. Finale di oggi a senso unico per un torneo che Nadal ha dominato, specialmente dalla seconda settimana.
Il maiorchino supera il sudafricano con un netto 6-3, 6-3, 6-4 e vince il suo terzo US Open. Per Nadal è il secondo slam stagionale dopo il Roland Garros, il 16esimo major di una carriera che lo porta di nuovo a -3 da Roger Federer. Finale di oggi a senso unico per un torneo che Nadal ha dominato, specialmente dalla seconda settimana.
Un match francamente mai in discussione, con il maiorchino eccellente nel primo set nell’applicare l’unico accorgimento tattico necessario per vincere questa partita: iniziare lo scambio.
Ecco spiegata la ragione di una posizione così arretrata nei turni di servizio di risposta, che ha permesso a Nadal di offrire quasi sempre la pallina dall’altra parte nonostante le bordate dall’alto dei 203 centimetri di Anderson; e di entrare a quel punto in un territorio a lui favorevole. E così, il sudafricano, ‘big server’ per eccellenza, ha impiegato un’ora e sette minuti per tenere il primo turno di servizio "facile" della sua partita: era il primo game del secondo set, chiuso a 15.
Prima, invece, tutti giochi terminati ai vantaggi e dove Nadal è riuscito a portar via la bellezza di due break: quello a metà set e quello nel nono game, che per giunta gli ha anche fornito il piccolo vantaggio di servire per primo nel secondo.
Rafa ha applicato questa semplice regoletta per tutto il corso della partita, andando spedito anche nel secondo set – dove per altro Anderson è crollato al servizio, mettendo solo il 36% di prime in campo – e non tremando mai – ma proprio mai – nei propri turni di battuta. Nadal ha infatti chiuso la sua finale senza mai concedere nemmeno una palla break, situazione che non si verificava addirittura da 14 anni, quando un’impresa analoga riuscì a Federer con Philippoussis (Wimbledon 2003).
Insomma, Nadal ha chiuso in maniera straordinaria un torneo iniziato sì con qualche tremolio – chi ricorda i primi turni con Taro Daniel o Leo Mayer conosce ciò a cui facciamo riferimento – ma ha poi cambiato marcia dal primo ostacolo vero in poi, ovvero dall’ottavo di finale con Dolgopolov.
L’unico vero grattacapo in uno slam portato in cascina senza mai trovare un Top20 in classifica – fatto mai accadutogli in carriera – è stato nella gestione del primo set di semifinale con Del Potro. Il resto una tranquilla navigazione verso il 16esimo major della carriera, che lo riporta a -3 dal leader Roger Federer e riaccende l’eterna rivalità per il finale di stagione: con 1860 punti in più da qui a fine anno Rafa ha anche la concreta chance di chiudere l’anno da numero 1 del mondo. A Federer il prossimo passo. Nella speranza – magari alle ATP Finals – di vedere uno scontro qui negato da Del Potro. E non solo..
Il maiorchino supera il sudafricano con un netto 6-3, 6-3, 6-4 e vince il suo terzo US Open. Per Nadal è il secondo slam stagionale dopo il Roland Garros, il 16esimo major di una carriera che lo porta di nuovo a -3 da Roger Federer. Finale di oggi a senso unico per un torneo che Nadal ha dominato, specialmente dalla seconda settimana.
Un match francamente mai in discussione, con il maiorchino eccellente nel primo set nell’applicare l’unico accorgimento tattico necessario per vincere questa partita: iniziare lo scambio.
Ecco spiegata la ragione di una posizione così arretrata nei turni di servizio di risposta, che ha permesso a Nadal di offrire quasi sempre la pallina dall’altra parte nonostante le bordate dall’alto dei 203 centimetri di Anderson; e di entrare a quel punto in un territorio a lui favorevole. E così, il sudafricano, ‘big server’ per eccellenza, ha impiegato un’ora e sette minuti per tenere il primo turno di servizio "facile" della sua partita: era il primo game del secondo set, chiuso a 15.
Prima, invece, tutti giochi terminati ai vantaggi e dove Nadal è riuscito a portar via la bellezza di due break: quello a metà set e quello nel nono game, che per giunta gli ha anche fornito il piccolo vantaggio di servire per primo nel secondo.
Rafa ha applicato questa semplice regoletta per tutto il corso della partita, andando spedito anche nel secondo set – dove per altro Anderson è crollato al servizio, mettendo solo il 36% di prime in campo – e non tremando mai – ma proprio mai – nei propri turni di battuta. Nadal ha infatti chiuso la sua finale senza mai concedere nemmeno una palla break, situazione che non si verificava addirittura da 14 anni, quando un’impresa analoga riuscì a Federer con Philippoussis (Wimbledon 2003).
Insomma, Nadal ha chiuso in maniera straordinaria un torneo iniziato sì con qualche tremolio – chi ricorda i primi turni con Taro Daniel o Leo Mayer conosce ciò a cui facciamo riferimento – ma ha poi cambiato marcia dal primo ostacolo vero in poi, ovvero dall’ottavo di finale con Dolgopolov.
L’unico vero grattacapo in uno slam portato in cascina senza mai trovare un Top20 in classifica – fatto mai accadutogli in carriera – è stato nella gestione del primo set di semifinale con Del Potro. Il resto una tranquilla navigazione verso il 16esimo major della carriera, che lo riporta a -3 dal leader Roger Federer e riaccende l’eterna rivalità per il finale di stagione: con 1860 punti in più da qui a fine anno Rafa ha anche la concreta chance di chiudere l’anno da numero 1 del mondo. A Federer il prossimo passo. Nella speranza – magari alle ATP Finals – di vedere uno scontro qui negato da Del Potro. E non solo..

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