Nessuno nella storia aveva mai colto tre maglie iridate consecutive: ci riesce lo slovacco, che precede il norvegese Kristoff e l'australiano Matthews. Per gli azzurri la prova iridata resta stregata.
Mai nessuno come Peter Sagan. Tre mondiali li avevano vinti Alfredo Binda, Eddy Merckx, Oscar Freire. Nessuno era però riuscito a vestire per tre volte consecutive la maglia iridata. ''Dedico la vittoria a Michele Scarponi, domani sarebbe stato il suo compleanno. E la dedico anche a mia moglie, che aspetta il nostro bambino: è il modo migliore per chiudere la stagione'', le bellissime parole di questo fuoriclasse slovacco dai lineamenti gentili che piace alla gente. Richmond, Doha, ora Bergen, la città più piovosa del mondo sulla quale però, proprio in coincidenza della gara più attesa della settimana mondiale, non cade una goccia d’acqua. Una insidia in meno per un percorso reso ancora più facile da un esasperato attendismo. Tradotto: Sagan in carrozza, freddo al punto da sembrare disinteressato, nascosto nella pancia del gruppo, mimetizzato sotto maglia della Slovacchia dopo due anni passati con l’iride. Poi però arriva il rettilineo della verità: Kristoff trae linfa vitale dall'urlo dei tifosi norvegesi, sembra addirittura avere la meglio, ma deve arrendersi al pazzesco colpo di reni di Sagan. Fenomeno vero. Terza piazza per Matthews, mentre per l’Italia il Mondiale resta stregato: Matteo Trentin, il nostro uomo di punta, giunge quarto. "I primi due sono di un altro livello, ma sono arrabbiato", commenta l'azzurro.
Un piazzamento buono, che però tutto è meno che consolatorio. L'Italia, a differenza di altre recenti edizioni del Mondiale, stavolta si presentava attrezzata per dire la sua. Parlare con il senno del poi è facile, ma avendo a che fare non solo con un tipetto come Sagan, ma anche con elementi del calibro di Kristoff e Matthews, osare oltre il compitino sarebbe stata una scelta opportuna. "Dispiace, Moscon è stato fantastico - spiega Cassani a Raisport - E' caduto, ha cambiato bicicletta, e quando è rientrato ho capito che era in giornata super. E' stato bravo, come tutti gli altri: abbiamo dato il massimo, non eravamo favoriti, ma avevamo una buona squadra. Il quarto posto non mi soddisfa ma devo fare i complimenti ai ragazzi, sono stati bravi. Matteo era il nostro capitano, meritava un posto sul podio. Il tracciato? Nemmeno Gilbert ed altri favoriti, in salita, sono riusciti a fare la differenza... Noi volevamo vincere, non ci siamo riusciti ma siamo stati bravi".
Un Mondiale che per lunghissimi tratti ha ricalcato il cliché di tante prove iridate. Noia. Big privi di patemi e fuga di gente orgogliosa di mostrare al pianeta la bandiera della nazione. Gli irlandesi Dunne e McKenna, l'azero Asadov, l'albanese Zhupa, lo statunitense Vermeulen, il costaricano Amador (il più conosciuto), il sudafricano Smit, il finlandese Manninen, il marocchino Mraouni, lo svedese Magnusson. Il gusto di poter dire 'c'ero e ci ho provato'. La gara pur non esplodendo, esce dal torpore ad una settantina di km all’arrivo: la classica azione delegata dalle ammiraglie a uomini di qualità. Wellens (Belgio), il nostro De Marchi, De La Cruz (Spagna), Pantano (Colombia), Boom (Olanda), Haig (Australia), Eiking (Norvegia) e Haller (Austria). Situazione che può anche star bene all’Italia: De Marchi è abituato a navigare in un certo tipo di acque, mentre Francia e Polonia sono costrette a lavorare per riportare davanti Alaphilippe e Kwiatkowski.
Comunque, visto che l’olandese Boom non sembra irresistibile sulla salitella di Salmon Hill (1,5 km max 7%), è Tom Dumoulin che toglie le castagne dal fuoco. Una tirata cha fa più di francesi e polacchi: De Marchi cede subito, gli altri a stretto giro di posta. In pratica, si arriva a pari e patta al giro della verità. Ultima salita di Salmon Hill: prova Galopin, ma Ulissi fa da stopper. Poi il 'caso' Alaphilippe: il francese scatta in maniera decisa, gli va dietro Gianni Moscon. La coppia scoppia presto: colpa del francese, che invece di collaborare (tra l'altro è più veloce dell'azzurro) fa di tutto per togliersi di torno il rivale. Ci riesce, ma la mossa è un boomerang. "Il francese ha provato ad andare via sul pavè, fossimo restati insieme avremmo avuto più possibilità di arrivare", conferma Moscon. Da quel punto in poi 2 km di puro thriller. Salta la ripresa televisiva in diretta, e con essa facciamo un salto nel passato: alle telecamere fisse nei giorni di montagna e maltempo di antichi giri d'Italia. L'immagine fissa sul triangolino rosso dell'ultimo km crea una suspence, quando vi sfilano una trentina di uomini l'ultimo capitolo del mondiale prende forma. Re Sagan sale in carrozza ed entra nella storia del ciclismo. "Ma non è stato facile. Cambiavano continuamente i gruppi davanti, alla fine ho visto arrivare lo sprint e c'era solo quello da giocare, è incredibile. Kristoff? Gli chiedo scusa, lo so che lui correva in casa".
ORDINE D'ARRIVO
1. Peter Sagan (Svk) in 6h28'11"
2. Alexander Kristoff (Nor) s.t.
3. Michael Matthews (Aus) s.t.
4. Matteo Trentin (Ita) s.t.
5. Ben Swift (Gbr) s.t.
6. Greg Van Avermaet (Bel) s.t.
7. Michael Albasini (Swi) s.t.
8. Fernando Gaviria (Col) s.t.
9. Alexey Lutsenko (Kaz) s.t.
10. Julian Alaphilippe (Fra) s.t.
Repubblica.it
Mai nessuno come Peter Sagan. Tre mondiali li avevano vinti Alfredo Binda, Eddy Merckx, Oscar Freire. Nessuno era però riuscito a vestire per tre volte consecutive la maglia iridata. ''Dedico la vittoria a Michele Scarponi, domani sarebbe stato il suo compleanno. E la dedico anche a mia moglie, che aspetta il nostro bambino: è il modo migliore per chiudere la stagione'', le bellissime parole di questo fuoriclasse slovacco dai lineamenti gentili che piace alla gente. Richmond, Doha, ora Bergen, la città più piovosa del mondo sulla quale però, proprio in coincidenza della gara più attesa della settimana mondiale, non cade una goccia d’acqua. Una insidia in meno per un percorso reso ancora più facile da un esasperato attendismo. Tradotto: Sagan in carrozza, freddo al punto da sembrare disinteressato, nascosto nella pancia del gruppo, mimetizzato sotto maglia della Slovacchia dopo due anni passati con l’iride. Poi però arriva il rettilineo della verità: Kristoff trae linfa vitale dall'urlo dei tifosi norvegesi, sembra addirittura avere la meglio, ma deve arrendersi al pazzesco colpo di reni di Sagan. Fenomeno vero. Terza piazza per Matthews, mentre per l’Italia il Mondiale resta stregato: Matteo Trentin, il nostro uomo di punta, giunge quarto. "I primi due sono di un altro livello, ma sono arrabbiato", commenta l'azzurro.
Un piazzamento buono, che però tutto è meno che consolatorio. L'Italia, a differenza di altre recenti edizioni del Mondiale, stavolta si presentava attrezzata per dire la sua. Parlare con il senno del poi è facile, ma avendo a che fare non solo con un tipetto come Sagan, ma anche con elementi del calibro di Kristoff e Matthews, osare oltre il compitino sarebbe stata una scelta opportuna. "Dispiace, Moscon è stato fantastico - spiega Cassani a Raisport - E' caduto, ha cambiato bicicletta, e quando è rientrato ho capito che era in giornata super. E' stato bravo, come tutti gli altri: abbiamo dato il massimo, non eravamo favoriti, ma avevamo una buona squadra. Il quarto posto non mi soddisfa ma devo fare i complimenti ai ragazzi, sono stati bravi. Matteo era il nostro capitano, meritava un posto sul podio. Il tracciato? Nemmeno Gilbert ed altri favoriti, in salita, sono riusciti a fare la differenza... Noi volevamo vincere, non ci siamo riusciti ma siamo stati bravi".
Un Mondiale che per lunghissimi tratti ha ricalcato il cliché di tante prove iridate. Noia. Big privi di patemi e fuga di gente orgogliosa di mostrare al pianeta la bandiera della nazione. Gli irlandesi Dunne e McKenna, l'azero Asadov, l'albanese Zhupa, lo statunitense Vermeulen, il costaricano Amador (il più conosciuto), il sudafricano Smit, il finlandese Manninen, il marocchino Mraouni, lo svedese Magnusson. Il gusto di poter dire 'c'ero e ci ho provato'. La gara pur non esplodendo, esce dal torpore ad una settantina di km all’arrivo: la classica azione delegata dalle ammiraglie a uomini di qualità. Wellens (Belgio), il nostro De Marchi, De La Cruz (Spagna), Pantano (Colombia), Boom (Olanda), Haig (Australia), Eiking (Norvegia) e Haller (Austria). Situazione che può anche star bene all’Italia: De Marchi è abituato a navigare in un certo tipo di acque, mentre Francia e Polonia sono costrette a lavorare per riportare davanti Alaphilippe e Kwiatkowski.
Comunque, visto che l’olandese Boom non sembra irresistibile sulla salitella di Salmon Hill (1,5 km max 7%), è Tom Dumoulin che toglie le castagne dal fuoco. Una tirata cha fa più di francesi e polacchi: De Marchi cede subito, gli altri a stretto giro di posta. In pratica, si arriva a pari e patta al giro della verità. Ultima salita di Salmon Hill: prova Galopin, ma Ulissi fa da stopper. Poi il 'caso' Alaphilippe: il francese scatta in maniera decisa, gli va dietro Gianni Moscon. La coppia scoppia presto: colpa del francese, che invece di collaborare (tra l'altro è più veloce dell'azzurro) fa di tutto per togliersi di torno il rivale. Ci riesce, ma la mossa è un boomerang. "Il francese ha provato ad andare via sul pavè, fossimo restati insieme avremmo avuto più possibilità di arrivare", conferma Moscon. Da quel punto in poi 2 km di puro thriller. Salta la ripresa televisiva in diretta, e con essa facciamo un salto nel passato: alle telecamere fisse nei giorni di montagna e maltempo di antichi giri d'Italia. L'immagine fissa sul triangolino rosso dell'ultimo km crea una suspence, quando vi sfilano una trentina di uomini l'ultimo capitolo del mondiale prende forma. Re Sagan sale in carrozza ed entra nella storia del ciclismo. "Ma non è stato facile. Cambiavano continuamente i gruppi davanti, alla fine ho visto arrivare lo sprint e c'era solo quello da giocare, è incredibile. Kristoff? Gli chiedo scusa, lo so che lui correva in casa".
ORDINE D'ARRIVO
1. Peter Sagan (Svk) in 6h28'11"
2. Alexander Kristoff (Nor) s.t.
3. Michael Matthews (Aus) s.t.
4. Matteo Trentin (Ita) s.t.
5. Ben Swift (Gbr) s.t.
6. Greg Van Avermaet (Bel) s.t.
7. Michael Albasini (Swi) s.t.
8. Fernando Gaviria (Col) s.t.
9. Alexey Lutsenko (Kaz) s.t.
10. Julian Alaphilippe (Fra) s.t.
Repubblica.it

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